Questo interessantissimo saggio ci è stato inviato dal Prof. Luigi Lombardo, che si occupa di tradizioni popolari e antropologia culturale.
Nella seconda parte scopriamo come i semi di canapa venivano utilizzati dai torronai della nostra provincia per realizzare un prodotto dolciario molto diffuso in passato, ma ormai perduto anche alla memoria.
[…] Fin dal medioevo si coltivava in Sicilia la canapa (la “sativa” naturalmente), in quantità da generare un commercio rimarchevole di prodotti da essa derivati: fibra per funi e corde, e filo tessile per confezionare tovaglie, biancheria e tessuti di ogni tipo, che venivano chiamati perciò di manni, di stuppa, o in generale di cannau. Se non avete ancora letto la prima parte del saggio cliccate qui.
Utilizzo alimentare
Il seme raccolto nelle ceste veniva venduto tra gli altri ai torronai, i quali lo tostavano, come si fa oggi con la giggiulena, o con le mandorle: questi particolari torronai, prendevano il nome di cannabusari.
Questi raccoglievano il seme tostato in grandi caldare e lo mescolavano con il miele, rimestando continuamente: il procedimento era simile a quello usato dai cubaitari per confezionare la cubaita, tipico dolce natalizio.
La cavvabusata ottenuta si vendeva nelle sere che precedevano il Natale, in particolare il giorno della festa dell’Immacolata, l’otto dicembre, quando i cannavusari ne declamavano le virtù col grido (vanniata):
«Iè biella, iè cannabusata,
ruci e rusata».
Questi artigiani del torrone, chiamati talora confettieri, più comunemente cubaitari ( e i cannabusari ne erano una filiazione) erano ambulanti che ieri come oggi frequentavano le più importanti feste patronali dell’isola, da un capo all’altro, come vediamo in questo documento del 1807 in cui due mastri cubaitari siracusani si portano a Melilli, in occasione della festa di San Sebastiano:
Siracusa 6 marzo 1807
I mastri Carmelo Lombardo, Carmelo e Angelo Bianca contraggono una società «per tutto il tempo del mercato seu fera p.v. che dovrà farsi nella terra di Melilli per l’annua festività di San Sebastiano martire il primo maggio; in quale superiore società li tre socii siano tenuti et obligati […] ponere onze 18, terza parte per ognuno ed indi erogarli in compra di tanti generi di robba attinenente alla loro arte di cobaitari quali compre effettuate a nome di detta società incominciare in un giorno che sarà dalli medesimi tre socii designato li lavori in casa del divisato m.ro Carmelo Bianca colla rameria e stigli proprii ed in essi prestare la loro personale fatiga […]».
Come detto, questo particolare prodotto della dolceria siciliana scomparve, attaccato dalle leggi sanitarie, perché ritenuto inebriante e tossico. La ragione risiedeva nel collegamento con gli effluvi nocivi della macerazione, che provocava fastidi alle popolazioni vicine ai maceratoi della canapa. Ma più poté la forza della concorrenza dei prodotti che già l’industria dolciaria imponeva ai consumatori meridionali.
Autore LUIGI LOMBARDO
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