Il santuario di San Sebastiano – I parte

La Basilica di San Sebastiano si trova sul sito dall’antico nome “Carcarella”, ed è il frutto di diverse trasformazioni e ricostruzioni che nei secoli si sono succedute.
L’attuale Basilica barocca risulta costruita in un arco temporale che va dal 1695 al 1700.
Ma prima della ricostruzione avvenuta in seguito al terribile terremoto del 1693 quel luogo era già sacro e già vi sorgeva il santuario rupestre dedicato al Santo bimartire.
Sulla data della prima costruzione della Chiesa di San Sebastiano non si hanno documentazioni precise, sicuramente è successiva al 1° Maggio 1414, data tradizionale dell’arrivo a Melilli del miracoloso simulacro del Santo, rinvenuto tra i rottami di una nave naufragata presso l’insenatura di Stentinello.
Si tramanda che la prima chiesa, della quale sono state trovate tracce delle fondamenta in occasione dell’ampliamento della P.zza San Sebastiano, fosse di piccole dimensioni e ad una navata, costruita in un luogo poco distante dall’attuale, ma di questa restano soltanto poche colonne, conservate nell’atrio della chiesa tra la sacrestia e l’orfanotrofio.
Perché questo luogo di culto fu costruito proprio in questo sito, a Melilli?
I santuari sorgono grazie alla domanda pressante del popolo verso la Chiesa e il Clero, quando un luogo o un oggetto particolare diventano noti per le loro doti particolari e miracolose. La manifestazione del sopranaturale diventa troppo intensa e la necessità di costruire un santuario per i fedeli diventa così forte che anche la Chiesa deve accettare la richiesta dei credenti. Molto probabilmente lo stesso è accaduto per il santuario di San Sebastiano, come accadde in moltissimi altri paesi della Sicilia.
Il prodigio di San Sebastiano viene tramandato oralmente ma abbiamo anche alcune versioni scritte, ne riportiamo una settecentesca:

“Erano gli anni della fruttifera Incarnazione del Figliolo di Dio al numero pervenuti di MCCCCXIV quando una nave dall’Adriatico sciolta da perversa fortuna sorpresa, non avendo l’impeto del mare bene potuto comportare, fa da’ venti, all’arbitrio de’ quali le poche vele sane rimaste date aveva, nelle spiagge vicine all’antico porto di Trogili, che volgarmente col nome di Stentino oggi vengono riconosciute, spinta; […]
Fu in quelli intiera una statua del glorioso bimartire San Sebastiano rinvenuta, opera di maestra mano, che pure secondo i marinari menare destinavano.
Ma lontano da quanto eglino pensavano cadde il fatto; poichè fuor d’ogni umana credenza immobile quella resa, tolse a’ medesimi per quante diligenze usassero potere al fine de di loro pensieri venire! […] Solo il clero di Melilli città sulle rovine dell’antica Ibla edificata sopra gli altri animoso in quel luogo ne venne. E così alli suoi voti condiscendente del Santo la Statua provarono; che sulle spalle con somma venerazione presala felicemente in quel luogo pervennero, dove vicina la suddetta città in una piccola grotta incavata nelle viscere della soprastante montagna, una immagine del medesimo santo si venerava.
Volle un nuovo miracolo che anche quel luogo perchè ivi venerata la statua venisse il glorioso Santo appropriarsi, poichè immobile rendendola, ad ivi lasciarla costrinse il clero, che nella maggior tempio ch’ivi fosse condurla destinava. 1

Quindi questo miracoloso evento va ad aggiungersi al culto del santo già presente a Melilli, e diffondendosi e rafforzandosi porterà poi all’edificazione della chiesa. Come in molte altre zone dell’Italia, si potrebbe spiegare la fondazione del santuario nel 1414 in base alle grandi pestilenze del XIV secolo, specialmente dopo la grande pestilenza del 1348 a cui ne seguirono altre mortalmente diffuse nel siracusano. Nella grotta di Melilli già si trovava l’effigie di San Sebastiano (un antico santuario rupestre) che già negli anni precedenti al miracolo della statua aveva una qualche notorietà, proprio in ragione della fama del Santo di protettore dalle pestilenze.
Il terremoto catastrofico del 1693 distrusse completamente la chiesa lasciando illesa la cappella dove era custodita la statua.
Il poeta Gaetano Accaputo canta:

L’atu vistu Miliddi subbissari,
Spia a li Miliddisi ca lu sannu:
Na sula cosa si puonu larari
Sulu nun s’addiculau Sam-mastianu.

I Melillesi, temendo ulteriori crolli (lo sciame sismico continuava a scuotere la terra) decisero di mettere al sicuro la statua in una baracca in aperta campagna, in attesa della ricostruzione della Chiesa. Della Basilica barocca, che possiamo ammirare ancora oggi, parleremo nel dettaglio nei prossimi articoli.

1. Dall’introduzione della rappresentazione sacra Jaele tronfante di Sisara, azione sacra da cantarsi per l’anniversaria sollennità che celebra la città di Melilli al glorioso bimartire San Sebastiano Siracusa 1769, pp. 6-8.

“Arte culto e tradizione: le Chiese di Melilli”. Michele Rizzo 1997, Arnaldo Lombardi Editore.
“Arte e Devozione: il Santuario di San Sebastiano di Melilli”. Liliane Dufour, Gioacchino Barbera 1993, Arnaldo Lombardi Editore.
Fotografie: Archivio fotografico privato di Nino Privitera.
Altre informazioni sul sito della Basilica di San Sebastiano a Melilli

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